Gli animali capiscono la morte? Un’indagine fra natura e filosofia

L’opossum di Schrödinger ricalca nel titolo il famoso paradosso del “gatto” di Erwin Schrödinger, premio Nobel per la fisica nel 1933, che contribuì allo sviluppo della meccanica quantistica. Quando si sente minacciato e non vede possibilità di fuga, l’opossum rimane fermo, immobile, come paralizzato: le sue funzioni vitali sono ridotte al minimo, è simile perciò a un cadavere, fin quando la minaccia non è passata. In pratica, come il gatto di Schrödinger, è vivo e morto allo stesso tempo.

Quello sull’opossum è un capitolo del libro di Susana Monsó – filosofa versata in campo naturalistico – dedicato al senso della morte negli animali: la comprendono, questi, alla stessa maniera degli esseri umani? Tanti i casi, più o meno impressionanti, squadernati davanti ai nostri occhi. Nel 1997 un giovane si suicida nel suo appartamento. Quando il cadavere vien trovato, si nota che gli manca parte del viso e del collo: glieli aveva staccati il suo bel pastore tedesco, che ora, tranquillissimo, gli sta accucciato accanto. Aveva divorato l’amato padrone per fame? Neanche per idea. Dalla morte del giovane erano passati più o meno tre quarti d’ora, e la ciotola con i croccantini era piena. Probabilmente l’animale, per affetto, aveva provato a far reagire il suicida, leccandolo e mordicchiandolo. Poi, frustrato, e alla vista del sangue, non aveva resistito alla tentazione di far colazione col morto.

Non dobbiamo credere che gli animali reagiscano alla morte in maniera analoga agli uomini. E ciò anche in casi commoventi come quello dell’orca Tahlequah, che nel 2018 commosse il mondo. Aveva perso il suo cucciolo, e sembrava incapace di accettarne la perdita. Portava con sé il cadaverino, spingendolo col muso e facendo in modo che non affondasse. Ma avrà davvero compreso che il piccolo era morto?

Il rischio di cadere nell’antropomorfismo quando si interpreta il comportamento degli animali è sempre in agguato. Detto ciò, non dobbiamo però ritenere che solo l’essere umano abbia una vita emotiva. In forme diverse, ce l’hanno pure gli altri animali.

NOTA DI REDAZIONE

Eppure a commento di questo articolo devo dire che ho avuto esperienze tragica con i miei cani, quando mori’ improvvisamente la mia prima schnauzer, il piccolo schnauzer nano, la vide a terra e gli si buttò sopra per impedirci di portarla via, poi passò giorni senza toccare cibo.

Sempre lui, il mio piccolo Strauss, assistette alla morte del cane di mia figlia Rhum, poco prima che il cane spirasse lui emise un lunghissimo ululato, vocalizzo che non aveva mai fatto e poco dopo Rhum esalò con una sorta di grido il suo ultimo respiro.

Manuela Valletti

FONTE

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