Animali esotici come animali domestici: cosa dice la legge

30 Settembre 2023 | Autore: Carlos Arija Garcia

È possibile tenere in casa delle specie arrivate dall’altra parte del mondo? Cosa stabiliscono gli accordi internazionali e cosa si rischia sul mercato nero?

L’idea di avere un animale esotico in casa resta una moda assai diffusa, anche se esistono non pochi vincoli e divieti. Non solo per il pericolo che può rappresentare per chi lo custodisce o per i vicini ma anche per il rischio che l’animale stesso corre essendo costretto a vivere fuori dal suo habitat, in una teca, in una gabbia o in un recinto i cui i suoi movimenti sono limitati. Tuttavia, ci sono alcune specie che possono essere tenute in casa senza particolari problemi. Sul fatto di avere animali esotici come animali domestici, cosa dice la legge?

Esiste un accordo internazionale in materia, firmato da 127 Paesi di tutto il mondo. Si tratta della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche a rischio di estinzione. L’accordo, noto come Cites, è entrato in vigore in Italia nel 1975 ed è volto a garantire che, laddove sia consentito, lo sfruttamento commerciale internazionale di una specie sia sostenibile per la specie stessa e compatibile con il ruolo ecologico che riveste nel

suo habitat. Detto in parole più semplici: l‘animale non deve soffrire nella sua nuova condizione e la continuità della specie non deve essere minacciata.

La Convenzione protegge oltre 36mila specie di animali e piante, senza alcuna distinzione tra esemplari vivi o morti. Ci sono delle regole ben precise che riguardano anche le loro parti (si pensi al classico esempio dell’avorio degli elefanti o della pelle di leopardi, tigri, visoni, ecc.) ed i prodotti ricavati da animali

La Convenzione è stata adottata in tutti i Paesi dell’Unione europea e vieta l’importazione, la riesportazione, il trasporto, la vendita, l’esposizione e la detenzione degli animali protetti contenuti negli elenchi della Cites. Tra questi, pappagalli, scimmie, rettili, felini e animali selvatici come daini, cinghiali o volpi, oltre ad animali impagliati, gusci di tartaruga o pelo di felini.

Chi decide di adottare animali esotici come animali domestici deve rivolgersi al Corpo Forestale dello Stato o al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, per:

  • consultare la documentazione relativa alla Cites;
  • sapere quale animale adottare;
  • chiedere la relativa autorizzazione.

Chi non rispetta le regole stabilite dalla Convenzione di Washington rischia:

  • una sanzione fino a 150mila euro;
  • la confisca dell’animale;
  • l’arresto da sei mesi a due anni in caso di recidiva.

A tal proposito, si può segnalare la sentenza riportata in fondo a questo articolo con cui la Cassazione [1] ha condannato un uomo al pagamento di un’ammenda di 700 euro perché trovato in possesso di tre cardellini (uccellini

esotici protetti) acquistati in una fiera e tenuti in gabbia, senza anello identificativo e senza che al padrone fosse stata consegnata la dovuta documentazione.

Secondo la legge, dunque, per avere animali esotici come animali domestici occorre tenere presente che:

  • non si può importare, riesportare, trasportare, vendere, esporre e detenere gli esemplari tutelati dalla Cites senza specifici permessi. Sono previste delle apposite sanzioni, anche di carattere penale, in caso di violazioni della Convenzione e dei Regolamenti Comunitari;
  • si può importare e/o riesportare animali, loro parti e prodotti derivati inclusi nelle Appendici della Cites e negli allegati dei regolamenti comunitari solo se autorizzati. Servono, infatti dei permessi che riportino dati precisi sulla specie che si vuole portare a casa, come data di rilascio e di validità, denominazione scientifica e comune della specie, descrizione esatta della merce e gli estremi dell’origine/provenienza della stessa, ecc. In Italia i certificati sono rilasciati dal Corpo Forestale dello Stato e dal ministero dell’Ambiente tramite la Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico  Il controllo avviene presso i nuclei operativi Cites del Corpo Forestale presenti nelle 23 sedi doganali italiane.